Positano
Le alterne vicende storiche si leggono lungo le facciate delle case.
Positano ebbe un periodo di grande fortuna dal IX all'XI
secolo, durante la Repubblica Marinara di Amalfi che sancì
la prima raccolta di leggi marittime che si conosca e che
rivaleggiò, in potenza e ricchezza, con Venezia, come uno dei
centri commerciali più importanti nel mondo.
Il borgo, dedito fino ad allora alla pesca ed all'agricoltura,
attrezzò veloci imbarcazioni per raggiungere l'Oriente, con il
quale intrecciò fitti rapporti mercantili, esportando legname,
corallo, frutta ed importando spezie, pietre preziose e tappeti.
Si dovrà poi, dopo il periodo un po' oscuro della
dominazione normanna, sveva, angioina ed aragonese,
arrivare al settecento e poi ai Borboni, perchè ricomincino i
traffici marittimi e Positano, "la montagna d'oro", conquisti
il primato commerciale nel Regno delle Due Sicilie.
Funzionavano inoltre a pieno ritmo "le carcare" per
l'estrazione della calce, si produceva il carbone vegetale e
l'acqua alimentava numerosi mulini, visibili tutt'oggi tra le
rocce, che rimasero in funzione fino alla fine del secolo
scorso
Si racconta che l'Imperatore Tiberio, residente a Capri,
rifornisse le sue dispense esclusivamente con la farina di
Positano.
Una piazza e una stradina, Via dei Mulini, ricordano le
antiche costruzioni. Seguendo l'andamento di questa via,
verso il mare, ti vengono incontro, lungo tutto il percorso,
una serie infinita di botteghe che, con abiti, costumi, enormi
foulards, riempiono di colore i muri delle case. Sono il frutto
del lavoro di esperti artigiani, che fantasticano da molti
decenni con la stoffa, con la memoria antica di quando, come
tinture, si usavano le cortecce e i fiori di granato
e si
confezionavano montagne di canovacci
La moda di Positano ha una lunga tradizione di inventiva e di
abilità, la stessa che fa nascere dal cuoio multicolori calzature.
Basta sedersi su un muretto di pietra e attendere che l'artigiano
intrecci le strisce di pelle davanti ai vostri occhi: su misura, in
pochi istanti.
Nel zigzag tra un negozio e l'altro, una sosta merita Palazzo
Murat: edificio settecentesco, con un giardino in cui convivono fiori e
piante di ogni specie, è sede di una stagione estiva di concerti Lungo il
cammino si è avvolti dal profumo delle zagare e dei rampicanti, come se per
tutto l'anno si perpetuasse un antico rito legato alla festa
dell'Ascensione.
Oggi come ieri, uomini
e donne raccolgono rose, malvarose, ginestre, erba cedrina, in
grandi bacili d'acqua, lasciandoli all'aperto tutta la notte,
perchè vengano benedetti dal Signore che ascende al cielo. Il
mattino seguente ci si farà il bagno nell'infuso profumato, Per
purificarsi.
Domina la Piazza dedicata a Flavio Gioia, che la tradizione
vuole inventore della bussola e nativo di questa terra, la Chiesa
di S. Maria Assunta. Sorse sui ruderi di una villa romana del I
secolo d. C., distrutta nel 79 d. C., in seguito all'eruzione del
Vesuvio che sepolse di lava e lapilli Pompei ed Ercolano.
L'attuale Parrocchiale, che custodisce la tavola bizantina
della Madonna con Bambino venerata dai positanesi, risale al
'700, mentre, in epoca anteriore al X sec., in quello stesso
luogo sorgeva l'Abbazia di S. Maria e S. Vito, monastero tra i
più antichi della costiera amalfitana.
Il richiamo del mare è ora forte e vicino: appena dopo la
curva di un vicoletto, si apre lo spazio di Via Marina, ai piedi
di un'ampia e soleggiata scalinata di accesso.
La Marina Grande. la spiaggia di ciottoli, i caffé all'aperto
segnano il tempo dell'indugio e della sosta.
Guardando in alto, tra le case a strapiombo, si moltiplicano i
piccoli poderi: le vigne che regalano il vino profumato, i
limoneti, gli aranceti, gli ulivi, gli orti nati dalla perseveranza
di chi ha trasportato la terra là dove non c'era che roccia.
La cucina di questo tratto di costa vive da sempre di felici
elaborazioni dei prodotti della campagna: pasta con le
zucchine, i "friarelli" broccoli di rapa, le parmigiane di
melanzane, i peperoni imbottiti, della freschezza dei latticini
adagiati sulle foglie di limone, dei totani catturati alla luce
delle lampare insieme con i crostacei, i frutti di mare e i pesci
che animano quotidianamente le reti dei pescatori.
Si possono percorrere all'infinito le viuzze e le scalinate che
ti portano verso la spiaggia o la montagna, perchè, in tutte le
stagioni, la luce del mare, la gente che incontri, i colori della
terra, hanno sempre il sapore di una scoperta
Sul tetto della torre costiera Trasita, così denominata
perchè vi avveniva il passaggio delle quaglie e degli
altri uccelli migratori, mattonelle di maiolica azzurro
cupo compongono una rosa dei venti, padroni di questo golfo.
Per proteggere Positano da incursioni di imbarcazioni
nemiche, Pedro di Toledo, viceré di Napoli, a metà del '500,
fece costruire delle torri difensive. Quella in contrada Fornillo domina su
un'ampia lingua di spiaggia, unita alla Marina Grande da un comodo sentiero
alberato scavato nella roccia un'insieme di curve che sovrastano gli scogli.
Prendendo a nolo una barca si possono raggiungere le
numerose insenature e grotte, sparse lungo la costa: La Porta,
la grotta che risale a circa quindicimila anni fa e poi le
frazioni di Laurito, così denominata dalle piante di lauro. ed
Arienzo, che offrono una spiaggia sulla quale approdare.
Spingendosi un po' al largo si raggi ungono le isole Li Galli
(Gallo Lungo, Rotonda, Castelluccio): le mitiche dimore delle
sirene
Un foro azzurro di cielo, tra il calcare dei picchi
montuosi che dominano Positano, è la meta da
raggiungere, una volta abbandonata la statale della
Costiera Amalfitana all'altezza della Chiesa Nuova,
seguendo l'indicazione per Montepertuso: la montagna
forata.
Questa piccola frazione, a circa 350 m. sul mare, sorse
probabilmente nel 915 ad opera di profughi pestani, sfuggiti
ai saraceni. Era il regno incontrastato dei falconi, allevati per
ordine dell'Imperatore Federico II, per le sue battute di
caccia. Salendo i pochi gradini che separano Piazza Cappella
dalla Chiesa di S. Maria delle Grazie, si è un po' più vicini
allo squarcio nella roccia, l'Arco naturale, legato ad una
strana leggenda che vide fronteggiarsi il Diavolo e La
Madonna. Chi riusciva a forare la montagna, avrebbe scelto il
villaggio come propria dimora. Provò prima il Diavolo, ma
scalfì appena il calcare, la Madonna invece, forò la roccia e
lasciò che il cielo vi penetrasse.
Ogni anno, il 2 luglio, una grande folla si raduna per
rievocare l'avvenimento, mediante una sacra
rappresentazione.
Ritornando sui propri passi, a Piazza Cappella, ci si dirige
lungo la strada che porta a Nocelle, borgo di un centinaio di
abitanti, stretto su un costone dei Monti Lattari: il nome le deriva
dall'abbondanza degli alberi di nocciole.
Il sentiero che raggiunge l'abitato si percorre a piedi in circa
mezz'ora da Montepertuso. Passo dopo passo, tra
l'acciottolato e brevi gradini, si è avvolti dal profumo dei
cespugli di rosmarino, finocchio selvatico, dal colore violento
e solare delle ginestre. Ci si siede lungo il muretto di pietra, si
ferma il tempo, si entra nel silenzio e l'occhio segue lo
strapiombo della roccia giù verso le case di Positano, lontano verso il
promontorio di Punta Campanella, i Galli, Capri. Questo ottovolante tra
ombra e luce, tra il verde della montagna e il mare che inonda lo sguardo,
si ripete fino a raggiungere l'abitato.
Si può ammirare il tramonto del sole sul mare nella piazzetta
antistante la Chiesa di S. Croce, prima di decidere il ritorno,
magari tuffandosi a capofitto lungo le scalette che, tra orti,
rocce e cespugli, uniscono Nocelle alla statale per Positano,
all'altezza della frazione di Laurito, in località S. Pietro.